A caccia col Marine ?
No, grazie.
Capita
abbastanza spesso di leggere sulle riviste specializzate italiane articoli che
trattano la caccia di selezione in modo quanto meno discutibile. Recentemente
però ho letto un pezzo pubblicato lo scorso anno su un periodico di una nota
casa editrice che mi ha semplicemente sconvolto e che è veramente il campione
di questo tipo di articoli.
L’autore
scrive ben otto pagine per descrivere il proprio maestro di caccia e le sue
tecniche preferite nella caccia agli ungulati in terra toscana. Il maestro è un
personaggio interessante, poiché è figlio di padre americano e di madre toscana
ed ha combattuto per sette anni in Vietnam come sniper.
Nel
suo passato militare c’è qualcosa di strano, perché viene
presentato come tenente dei Marines
nella
82ma Divisione Aviotrasportata, cioè in una delle unità di punta dell’U.S. Army
che con i Marines non c’entra assolutamente nulla. Nata nel 1917, ovviamente
allora non ancora aviotrasportata, l’ottantaduesima ricevette il battesimo del
fuoco in Francia durante la Prima Guerra Mondiale annoverando tra le proprie
file Alvin York, uno dei più famosi tiratori americani di tutti i tempi.
Considerando
la storica rivalità tra il reparto d’elite dell’esercito americano ed il Corpo
dei Marines, più un accentuato spirito di corpo ben presente in questi
militari, sarebbe come se in Italia un agente della Polizia di Stato si
presentasse dicendo: “Sono un Carabiniere”. Eppure il titolo del pezzo è
proprio “A CACCIA COL MARINE” ed è così che il protagonista viene
chiamato per tutto l’articolo. Inoltre il nostro amico arriva in Vietnam come
tenente e dopo sette anni è tenente colonnello. Niente male, ma Napoleone aveva
fatto anche di meglio.
Lasciata
la divisa si dedica alla caccia in diversi continenti,
abbatte per esempio “diversi elefanti in Asia” ( ma in quale paese
dell’Asia è possibile abbattere legalmente un elefante?), orsi, puma, bufali,
leoni, wapiti, cervi muli, oche, eccetera.
In
Toscana pratica la caccia di selezione al daino ed al capriolo, ma solo
all’aspetto e mai alla cerca, perché la caccia alla cerca arreca disturbo alla
fauna. Poi candidamente aggiunge che pratica la caccia al cinghiale in braccata!!! Semplicemente fenomenale.
Anche
quando parla delle carabine che impiega non mancano le affermazioni
interessanti, per esempio spara con .30/06 che per ottenere una maggior
precisione ha una canna a dodici righe, come se la precisione dell’arma fosse
proporzionale al numero dei vuoti e dei pieni della rigatura.
Viene poi
raccontato un episodio di caccia in un A.T.C. della Toscana che si conclude con
l’abbattimento a 466 metri di distanza di un daino pesante più di quintale e mezzo. Complimenti!
Può
darsi che essendo mezzo americano e mezzo toscano confonda a volte i chilogrammi
con le libbre. Riguardo a questo daino non mancano
altre stranezze, per esempio al momento del tiro si presenta “di pieno fianco
destro”, poi risulta che la palla “ è entrata davanti sulla spalla destra ed ha
attraversato tutto il corpo dell’animale fermandosi sotto la pelle della coscia
sinistra”.
Comunque
bisogna riconoscere che, senza falsa modestia, sconsiglia tiri a distanze estreme a chi non è in grado di tirare come
lui, che ha imparato a colpire una sagoma umana a 800 yarde di distanza. Una sagoma umana a 800 yarde non è certo un bersaglio facile, ma
vorrei ricordare che esistono tiratori che sono in grado di colpire un uovo di
gallina (non di struzzo) a 500 yarde e che i tiratori di silhouette metallica
sparano a sagome di bighorn a 400 metri tirando in piedi senza alcun tipo di
appoggio.
L’articolo
si conclude con una serie di fotografie molto piccole
delle quali è difficile apprezzare i particolari che illustrano le posizioni di
tiro da impiegare sul campo.
Il
tiro di cecchinaggio militare non deve assolutamente essere preso come esempio
nella caccia di selezione, che richiede il piazzamento del colpo in un’area
vitale con un rischio di ferimento che deve essere il più basso possibile.
C’è
senza dubbio maggiore affinità tra la caccia agli ungulati ed il cecchinaggio
di polizia, che necessita di una precisione estrema
volta a colpire bersagli vitali molto piccoli per incapacitare in modo
istantaneo soggetti estremamente pericolosi per l’incolumità altrui. In questo
tipo di intervento la distanza di tiro è molto più
breve rispetto al cecchinaggio militare e mediamente è inferiore ai cento
metri. Il cacciatore di selezione dovrebbe essere più simile a quest’ultimo
tipo di tiratore per ottenere abbattimenti corretti che siano rispettosi dell’animale
che cacciamo.
L’unica
cosa che mi sento di condividere nell’articolo in questione
è l’utilità di un maestro di caccia che prenda per mano l’allievo e gli insegni
sul campo anche quelle cose che non si possono imparare altrove. L’importante è
che il maestro sia in grado di insegnare.
Non
posso perdere l’occasione per ringraziare il mio maestro per tutto il tempo che
mi ha dedicato nel corso ormai di diversi anni e che occasionalmente continua a
dedicarmi.
A
differenza del protagonista dell’articolo che mi ha negativamente colpito, non
ha un passato militare ed è decisamente
antimilitarista, non è mezzo americano ma è nato nel 1944 da padre pavese e da
madre slovena e si è sempre ispirato ad una gestione della fauna di scuola
mitteleuropea che purtroppo non è stata ancora ben recepita in Italia e che
certi articoli non aiutano certo a diffondere.