A caccia col Marine ?

No, grazie.

 

Di Giuseppe Zoppi

 

Capita abbastanza spesso di leggere sulle riviste specializzate italiane articoli che trattano la caccia di selezione in modo quanto meno discutibile. Recentemente però ho letto un pezzo pubblicato lo scorso anno su un periodico di una nota casa editrice che mi ha semplicemente sconvolto e che è veramente il campione di questo tipo di articoli.

L’autore scrive ben otto pagine per descrivere il proprio maestro di caccia e le sue tecniche preferite nella caccia agli ungulati in terra toscana. Il maestro è un personaggio interessante, poiché è figlio di padre americano e di madre toscana ed ha combattuto per sette anni in Vietnam come sniper.

Nel suo passato militare c’è qualcosa di strano, perché viene presentato come tenente dei Marines

nella 82ma Divisione Aviotrasportata, cioè in una delle unità di punta dell’U.S. Army che con i Marines non c’entra assolutamente nulla. Nata nel 1917, ovviamente allora non ancora aviotrasportata, l’ottantaduesima ricevette il battesimo del fuoco in Francia durante la Prima Guerra Mondiale annoverando tra le proprie file Alvin York, uno dei più famosi tiratori americani di tutti i tempi.

Considerando la storica rivalità tra il reparto d’elite dell’esercito americano ed il Corpo dei Marines, più un accentuato spirito di corpo ben presente in questi militari, sarebbe come se in Italia un agente della Polizia di Stato si presentasse dicendo: “Sono un Carabiniere”. Eppure il titolo del pezzo è proprio “A CACCIA COL MARINE” ed è così che il protagonista viene chiamato per tutto l’articolo. Inoltre il nostro amico arriva in Vietnam come tenente e dopo sette anni è tenente colonnello. Niente male, ma Napoleone aveva fatto anche di meglio.

Lasciata la divisa si dedica alla caccia in diversi continenti, abbatte per esempio “diversi elefanti in Asia” ( ma in quale paese dell’Asia è possibile abbattere legalmente un elefante?), orsi, puma, bufali, leoni, wapiti, cervi muli, oche, eccetera.

In Toscana pratica la caccia di selezione al daino ed al capriolo, ma solo all’aspetto e mai alla cerca, perché la caccia alla cerca arreca disturbo alla fauna. Poi candidamente aggiunge che pratica la caccia al cinghiale in braccata!!! Semplicemente fenomenale.

Anche quando parla delle carabine che impiega non mancano le affermazioni interessanti, per esempio spara con .30/06 che per ottenere una maggior precisione ha una canna a dodici righe, come se la precisione dell’arma fosse proporzionale al numero dei vuoti e dei pieni della rigatura.

Viene poi raccontato un episodio di caccia in un A.T.C. della Toscana che si conclude con l’abbattimento a 466 metri di distanza di un daino pesante più di quintale e mezzo. Complimenti!

Può darsi che essendo mezzo americano e mezzo toscano confonda a volte i chilogrammi con le libbre. Riguardo a questo daino non mancano altre stranezze, per esempio al momento del tiro si presenta “di pieno fianco destro”, poi risulta che la palla “ è entrata davanti sulla spalla destra ed ha attraversato tutto il corpo dell’animale fermandosi sotto la pelle della coscia sinistra”.

Comunque bisogna riconoscere che, senza falsa modestia, sconsiglia tiri a distanze  estreme a chi non è in grado di tirare come lui, che ha imparato a colpire una sagoma umana a 800 yarde di distanza. Una sagoma umana a 800 yarde non è certo un bersaglio facile, ma vorrei ricordare che esistono tiratori che sono in grado di colpire un uovo di gallina (non di struzzo) a 500 yarde e che i tiratori di silhouette metallica sparano a sagome di bighorn a 400 metri tirando in piedi senza alcun tipo di appoggio.

L’articolo si conclude con una serie di fotografie molto piccole delle quali è difficile apprezzare i particolari che illustrano le posizioni di tiro da impiegare sul campo. 

Il tiro di cecchinaggio militare non deve assolutamente essere preso come esempio nella caccia di selezione, che richiede il piazzamento del colpo in un’area vitale con un rischio di ferimento che deve essere il più basso possibile.

C’è senza dubbio maggiore affinità tra la caccia agli ungulati ed il cecchinaggio di polizia, che necessita di una precisione estrema volta a colpire bersagli vitali molto piccoli per incapacitare in modo istantaneo soggetti estremamente pericolosi per l’incolumità altrui. In questo tipo di intervento la distanza di tiro è molto più breve rispetto al cecchinaggio militare e mediamente è inferiore ai cento metri. Il cacciatore di selezione dovrebbe essere più simile a quest’ultimo tipo di tiratore per ottenere abbattimenti corretti che siano rispettosi dell’animale che cacciamo.

L’unica cosa che mi sento di condividere nell’articolo in questione è l’utilità di un maestro di caccia che prenda per mano l’allievo e gli insegni sul campo anche quelle cose che non si possono imparare altrove. L’importante è che il maestro sia in grado di insegnare.

Non posso perdere l’occasione per ringraziare il mio maestro per tutto il tempo che mi ha dedicato nel corso ormai di diversi anni e che occasionalmente continua a dedicarmi.

A differenza del protagonista dell’articolo che mi ha negativamente colpito, non ha un passato militare ed è decisamente antimilitarista, non è mezzo americano ma è nato nel 1944 da padre pavese e da madre slovena e si è sempre ispirato ad una gestione della fauna di scuola mitteleuropea che purtroppo non è stata ancora ben recepita in Italia e che certi articoli non aiutano certo a diffondere.